Pietramelara
Pietramelara CE
Chiesa di San Rocco
In questa Chiesa vi sono due affreschi certi di Vincenzo Galloppi : La Resurrezione della figlia di Giairo e L'adultera, si trovano nell'abside della Chiesa e risalgono al 1900.
Nelle lunette della cupola sono affrescati anche i 4 evangelisti, uno è firmato da Galloppi ed è da presumere che anche i restanti siano opera dello stesso.
foto sopra: l'abside della Chiesa
Un dipinto perduto
Dagli Atti del III Convegno Nazionale San Rocco, tenutosi a Pietramelara il 29 e 30 Aprile 2001, nelle note storiografiche a firma di Domenico Caiazza a pag. 12 si legge quanto segue :
Le cappelle furono affrescate da maestro V. Galloppi e così pure le pareti dell’abside e la cupola. Tutte le iscrizioni dedicatorie e sepolcrali furono disperse. Fu rifatto il pavimento in marmo. Fu abolita la cripta, di cui vi è qualche ricordo. La chiesa subì danni nel secondo conflitto mondiale, sicché, nel dopoguerra, tra l’altro si rese necessario sostituire il quadro di San Rocco nel soffitto con quello attuale, realizzato da Mario Barberis nel 1949. Il precedente era del Galloppi e se ne conserva una riproduzione a stampa unica da me potuta rintracciare di una collezione di cartoline fotografiche realizzate dal conterraneo Giuseppe Onorato, autore in quel torno di tempo anche di un servizio fotografico su Montecassino.
La pubblicazione è facilmente
reperibile nella Chiesa stessa.
"La Resurrezione della figlia di Giairo" -
Tempera su muro cm 370 x 280 dopo il restauro
"L'Adultera" -
Tempera su muro cm 370 x 280 dopo il restauro
i 4 evangelisti nelle lunette della cupola
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I testi sottostanti sono stati tratti da una pubblicazione denominata " Le pitture murali Chiesa di San Rocco Pietramelara Un anno di restauri". Il volumetto non è datato ma non è anteriore agli anni '70 del secolo scorso:
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La Chiesa di S. Rocco in Pietramelara è stata arricchita dal restauro di otto pitture murali ai lati dell'abside e dell'attuale altare maggiore. Il lavoro è stato eseguito con competenza e spirito di sacrificio dal Prof. Amedeo Del Giudice, cittadino di Pietramelara, da tempo impegnato e largamente affermato nel campo della pittura e della scultura.
fl restauro ha richiesto molto tempo e l'impiego di tecniche e preparati moderni, per riprendere i colori delle pitture o rifare le parti andate completamente distrutte a causa dell'umidità.
Desidero esprimere un vivo compiacimento all'Artista che ha saputo, con il paziente e meticoloso restauro pittorico, riportare la quattro tempere e i quattro affreschi al loro primitivo splendore.
Ringrazio di cuore il parroco Mons. Roberto Mitrano e la Comunità di Pietramelara per aver promosso e finanziato i lavori di restauro.
Le scene del vangelo e i Santi patroni della città, raffigurati nelle pitture, ricco patrimonio della fede degli antenati, possano aiutare ancora e nutrire la Preghiera e la fede delle generazioni presenti e future.
Francesco Tommasiello - Vescovo di Teano - Calvi
I dipinti murali della chiesa di S. Rocco a Pietramelara
La chiesa di S. Rocco, sicuramente di antica fondazione, mostra attuaImente un aspetto ottocentesco, dalla facciata alle decorazioni interne.
Dell'origine più antica sono testimoni l'altare maggiore settecentesco e i quattro tondi sulla parete della navata centrale, con figure di santi vescovi, databili alla fine del XVII inizi XVIII secolo.
Gli affreschi nei tondi raffigurano S. Biagio, S. Martino, S. Nicola e San Donato; l'iconografia è quella di santi con gli attributi vescovili, la mitra, il pastorale e il piviale. Il restauro ha permesso il recupero totale dei dipinti, consolidati ed integrati pittoricamente grazie alla perfetta leggibilità delle figure.
La figura più danneggiata e in origine quasi scomparsa è quella di San Donato, riproposta dal restauratore con gli stessi attributi delle altre immagini ma con colori brillanti che permettono una sicura identificazione dell'opera moderna.
Nell'abside e nel transetto sono invece quattro dipinti a tempera, databili al secolo XIX raffiguranti episodi della vita di Gesù
Si tratta di tempere attribuite a due mani diverse: la prima sicuramente quella del maestro, si firma V. Galloppi e realizza la "Resurrezione della figlia di Giairo" e "L'adultera".
Le scene si svolgono entro architetture classiche, fra colonnati marmorei; le immagini hanno tutte la serena compostezza della pittura accademica ottocentesca fatta di regole fisse, rigidi canoni e buona conoscenza della materia. Una mano diversa si individua nella "Natività" e nella "Deposizione".
L'iconografia dei due dipinti è quella classica: la Madonna e il Bambino della Natività sono al centro del dipinto a focalizzare l'attenzione di chi guarda sull'evento sottolineato dal bagliore che avvolge le figure della Madonna e del Bambino, in alto, il coro degli angeli, tutto intorno i pastori adoranti.
La stessa semplicità narrativa, scarna ed essenziale, è nella Deposizione: Cristo viene adagiato dalle pie donne nel sudano. La figura giace a terra irrigidita nella morte, accanto sono i simboli del martirio, la corona di spine e la grande croce. La mano è ancora quella di un buon pittore di Accademia, che usa bene la tecnica acquisita.
Dott.ssa Anna Maria Romano Storico dell'arte della Soprintendenza di Caserta
Un anno di restauri
Sono durati circa un anno, i restauri delle pitture murali della chiesa di S. Rocco in Pietramelara. Solo un breve periodo di interruzione dovuto al tempo in cui ho dovuto completare il restauro dell'Angelo per il campanile della chiesa di S. Giorgio a Venezia.
Le opere restaurate sono sette: quattro tempere su muro di grande dimensione; e tre affreschi che si sono rivelati dei "mezzi freschi" che risalgono alla fine del '600. Il quarto affresco completamente cancellato è stato rifatto ex novo.
Due delle quattro tempere "Gesù risuscita la figlia di Giairo" e "L'Adultera" rispettivamente di cm. 370 x 280 di Vincenzo Galloppi datate 1900, sono situate ai due lati dell'Altare Maggiore e sono le uniche firmate. Non presentavano restauri precedenti e a parte lo sporco e i diversi strati di vernici e olii, non hanno creato grosse difficoltà . I colori utilizzati sono, come dicevo, delle tempere composte da pigmenti di non buona qualità, miscelati con un medium di origine proteica certamente colla di animale.
L'autore, che si pensa possa essere stato lo scenografo del Teatro S. Carlo di Napoli, come si vede dal lavoro, predilige la scenografia. Infatti le immagini sono sempre avvolte da elementi scenografici che si inseriscono nella composizione.
Un fatto nuovo emerso dall'analisi dei dipinti è stato l'uso della matita che compare più di una volta, oltre che come strumento di disegno, come elemento decorativo: il fregio su un architrave infatti è disegnato a matita.
Tutto quello che si può dire di questo artista è che era dotato, di grandi capacità, certamente frutto di una maturata esperienza, il che lo portava (ad essere incline) al lavoro di opere di grandi dimensioni da osservare a lunga distanza.
Sappiamo dai documenti parrocchiali che il Galloppi veniva in compagnia di un certo Cav. Cimino, buon decoratore napoletano il quale quasi certamente è stato l'autore delle altre due tempere quelle ai lati del nuovo altare: "La Natività" e La Deposizione", ambedue di cm. 300 x 300.
La Natività presentava dopo la pulitura solo le sigle iniziali V. G. cosa invero strana per una eventuale attribuzione al Galloppi. Questi ne avrà certamente curato i bozzetti ma non l'esecuzione, nelle opere precedentemente citate la sua firma "V. Galloppi" appare in bella evidente estensione.
L'altro quadro "La Deposizione" non presentava nessuna firma.
"La Natività" è stato, indubbiamente l'opera più danneggiata, non solo dall'umidità che lo ha consumato per circa il 60%, (non sappiamo però se l'umidità è stata completamente tolta dagli interventi architettonici precedenti), ma dai precedenti "restauri" fatti in periodi diversi e con tecniche completamente fuori dalla norma.
La lampada di Wood ha evidenziato intere zone completamente ricoperte da colori del tutto estranei al dipinto.